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Alluvioni e fiumi in secca
Dal sito: Centroacqua.org speditomi da un visitatore

Due aspetti dello stesso problema: l'ostruzione degli Alvei fluviali.

In un'intervista apparsa su "la Stampa" lo scorso 23 luglio, il capo della Protezione civile, Dr. Guido Bertolaso, paventa e quasi preannuncia, per la pianura padana, due imminenti catastrofi: la prima si verificherà, se non piove, nel prossimo mese di agosto; la seconda si verificherà, quando pioverà e pioverà tanto, con le alluvioni del prossimo autunno-inverno. A proposito della seconda, fa sapere di "aver chiesto alle Regioni di approfittare della situazione (di secca) per pulire gli alvei".

Così dicendo, Bertolaso addebita la "catastrofe alluvione" soprattutto alla ridotta capacità di deflusso lungo gli alvei fluviali, a causa della loro ostruzione appunto. E così dicendo egli ha messo, come si dice, il dito nella piaga, cioè il problema che assilla non solo il Po ed i suoi affluenti ma tutti i fiumi italiani: la mancata pulizia degli alvei. Evviva la chiarezza. La pluridecennale sedimentazione del solido alluvionale, trasportato dalle ricorrenti piene, ha provocato l'ostruzione degli alvei, tanto da ridurne la sezione di deflusso fino a non poter contenere nemmeno le piccole ed ordinarie portate; ed ha inoltre provocato il progressivo innalzamento di quota dei profili idraulici fluviali.
Questo fenomeno rappresenta un serio pericolo per l'assetto del territorio perché favorisce entrambe le succitate "catastrofi": alluvioni e fiumi in secca.
1) Alluvioni. L'innalzamento del fondo alveo del fiume principale provoca l'innalzamento degli affluenti e dell'intera rete di fossi e canali di scolo di pianura, che, direttamente o non, si immettono nel fiume. Viene così compromesso il delicato equilibrio idrogeologico esistente tra il Fiume e la Pianura che lo costeggia. Qui la pendenza dei tronchi terminali degli affluenti e dei canali di scolo, pendenza già vicina a valori minimi, si riduce ulteriormente. Ne consegue la difficoltà di deflusso, il ristagno ed un'accentuata sedimentazione del trasporto solido. Alvei, canali e fossi si intasano. Si ostruiscono i tombini stradali e ferroviari. L'intera rete idrografica di pianura va in crisi. La linea ferroviaria, avendo un più rigido andamento altimetrico, è la più colpita da questo modificarsi dell'assetto idrogeologico. Le FF.SS. spendono centinaia di miliardi l'anno per pulire canali e tombini, che dopo ogni piovuta tornano ad intasarsi. Se la quota di deflusso continua ad alzarsi non sarà più sufficiente allargare i tombini ma si dovrà innalzare l'intera rete ferroviaria presente in pianura. Lo stesso si dovrà fare per le strade, gli insediamenti e tutto il resto. L'innalzamento di quota del punto di confluenza nel Po e la conseguente riduzione di pendenza del tratto terminale degli affluenti, entrambi causati dalla stratificazione del sedimento alluvionale, provocano una riduzione di velocità della corrente lungo il tratto pianeggiante dell'affluente stesso. Con ridotta velocità occorrerebbe una maggiore sezione di deflusso per contenere la stessa portata. Ed invece, sempre a causa del sedimento alluvionale, si è ridotta anche la sezione di deflusso. Ostruzione degli alvei e riduzione della velocità di deflusso: queste sono le cause che provocano i frequenti straripamenti, che ormai avvengono anche con portate minime, lungo gli affluenti del Po. L'aumento della velocità di corrivazione lungo il bacino idrografico, che spesso si sente nominare durante gli eventi disastrosi, è solo una grande balla. Nelle ultime alluvioni si é notato inoltre, rispetto al passato, un forte aumento, questo sì, di apporto solido, che ha contribuito anch'esso a complicare la situazione, riducendo ulteriormente la sezione di deflusso degli alvei fluviali.
2) Fiumi in secca. Quando la portata si riduce al minimo, la residua quantità d'acqua (portata di magra), che di solito defluisce (a vista) negli alvei, si infiltra nel deposito alluvionale formatosi in alveo - che nel caso del Po e dei suoi affluenti raggiunge anche 2-3 metri di spessore - e da qui buona parte di essa si disperde nella falda del sub-alveo. La falda acquifera della pianura padana si alimenta, da una parte delle acque che percolano dai rilievi che la circondano, dall'altra, invece, attinge dalle fluenze superficiali del Po e dei suoi affluenti, oppure cede a questi parte della sua acqua: a seconda della prevalenza fra i due rispettivi livelli. Una volta esisteva un intimo legame ed un perfetto equilibrio tra le acque circolanti in superficie (in alveo) e le acque sotterranee (nel sub-alveo), ed avveniva un continuo interscambio tra loro. Capitava - alternativamente nello stesso tratto fluviale o contemporaneamente in tratti diversi dello stesso Po - che il fiume alimentasse la falda o/e che venisse da essa alimentato. Da questo naturale e delicato equilibrio scaturiva la perenne vitalità del fiume Po, che conservava sempre una consistente portata d'acqua, anche in tempo di magra e di siccità prolungata. Adesso non è così, il Po va in secca come una fiumara calabra, perché non esiste più il menzionato equilibrio: il livello di falda si è abbassato, per eccessivo sfruttamento, di circa 3 metri, e la quota del fondo alveo del Po si è innalzato in media di altrettanti 3 metri. Abbiamo quindi un dislivello medio di 6 metri, e quindi l'acqua ha una forte e costante propensione a passare dall'alveo al subalveo. L'altro fattore che favorisce l'infiltrazione nel sottosuolo è la ridotta pendenza longitudinale del corso d'acqua. Nel tratto di Po che va da Piacenza alla foce abbiamo, per esempio, un dislivello di soli 40 m. in uno sviluppo di 335 km.; quindi una pendenza media dello 0,12 per mille, cioè 12 centimetri per ogni chilometro, praticamente quasi nulla. In queste condizioni, e con lo strato di deposito alluvionale formatosi all'interno degli alvei - che da una parte frena l'avanzamento dell'acqua in superficie e dall'altra, essendo fortemente permeabile, favorisce l'infiltrazione verso il subalveo - la portata di magra finisce quasi tutta per sommergersi nella falda acquifera. Dove sicuramente son finiti anche i 6 milioni di mc di acqua rilasciata nei giorni scorsi dai bacini montani … e poi svanita nel nulla. Pulizia degli alvei quindi, non solo per contenere le portate di massima piena, ma anche per far ricomparire negli alvei le minime portate di magra. E particolare attenzione verso l'equilibrio tra il livello di falda e la quota del fondo alveo. Questo è il minimo che bisogna fare per prevenire e/o quanto meno lenire i Disastri in Valpadana. Una volta la Disciplina delle Acque si conseguiva basandosi su cognizioni di geomorfologia ed applicando le regole matematiche di idraulica, idrologia e sedimentologia. Regole note sin dall'avvento dell'Homo Sapiens, regole funzionanti per millenni. Ora invece, nell'era della "scoperta" dell'Ambiente, tutto questo non si usa più. Il termine "disciplina" è considerato una bestemmia. "I fiumi devono evolvere secondo natura": si sente dire da più parti. E si va avanti con idee astratte ed a volte mistificatorie: SI PIANIFICA. Si vagheggia, insomma, in una specie di delirio ideologico, peraltro di dubbia autenticità. Ed il Po, che grazie a quelle regole era un grande fiume ed una delle più importanti vie d'acqua d'Europa, ora è diventato una pozzanghera. A mio avviso, se non si fa un "passo indietro" e non si torna a quelle Regole, fra non molto l'Uomo Moderno dovrà rinunciare alle sue "Cose di pianura", prima fra tutte l'Agricoltura, e rimontare sulle palafitte o rifugiarsi in montagna.

Tricarico, 28 luglio 2003
Nicola Bonelli

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